“Solo il guaritore che è stato ferito può davvero curare .”

IRVIN D. YALOM

Jung si ispirò al mito di Chirone per identificare la figura del terapeuta. Chirone, centauro figlio di Crono e di una Ninfa, fu differente rispetto ai suoi simili. Rifiutato dai suoi genitori, divenne una creatura generosa, delicata e un eccellente conoscitore dell’arte medica.

Una freccia lo ferì gravemente; una ferita da cui non guarì mai. Il dolore era enorme, al punto che Chirone rinunciò alla propria immortalità piuttosto che convivere con questo male straziante.

Nell’inutile ricerca di una guarigione per se stesso, conobbe la sofferenza e fece sì che ciò potesse essere di aiuto per gli altri.

Chirone mise a disposizione ciò che aveva imparato a servizio di chi aveva attorno, divenendo appunto il “guaritore ferito”.

Sono Francesca Cerolini, una psicologa ad orientamento Psicoanalitico Junghiano

Oltre all’attività clinica nel mio studio a Milano, lavoro nelle scuole materne con bambini che hanno particolari fragilità. Nel mio lavoro metto anima e corpo, cercando di fare del mio meglio per chi ho davanti e con chi ho davanti.

Sono convinta che per essere di aiuto, bisogna prima essersi fatti aiutare; credo che il primo compito per noi psicologi sia quello di guardarci dentro e curare le nostre ferite. Un terapeuta curato sarà un bravo terapeuta, al di là degli strumenti e delle tecniche specifiche della sua teoria di riferimento – che ovviamente è altresì fondamentale.

Altro aspetto importante che orienta il mio lavoro è quello di limite; riconoscere fino a che punto si riesce ad arrivare e ad essere di aiuto per chi si ha davanti. Sapere questo, credo sia un punto imprescindibile per un lavoro onesto e umano.

Un altro punto cardine del mio lavoro è l’accoglienza della persona, in tutta la sua complessità e soprattutto oltre il sintomo o il problema portato. Il mio ascolto è aperto, empatico e libero da giudizio. Non mi piacciono le definizioni e gli incasellamenti quando si parla di persone; la psiche umana non merita di essere ridotta in categorie.

“Lo psicoterapeuta deve vedere ciascun paziente come inedito, unico, meraviglioso ed eccezionale. Solo così si avvicinerà ancor di più alla verità”

C.G. JUNG

Il mio aiuto è aperto e curioso verso scuole di pensiero diverse da quella che mi sta formando, Jung ha sempre sostenuto le ragioni del relativismo; una scienza certa della psiche che ci dia tutte le risposte non è possibile.  Questo perché in psicologia l’osservazione dell’oggetto coincide sempre in parte con il punto di vista del soggetto che l’osserva. Per queste ragione studio tanto, leggo tanto. Di ogni cosa.

La strategia terapeutica Junghiana, a cui faccio riferimento nel mio lavoro, aspira a trasformarci in esploratori, viaggiatori della nostra psiche con l’aiuto di un professionista esperto del campo, per comprendere perché certe dinamiche e certi aspetti inconsci determinino e influenzano il nostro comportamento.

L’obiettivo è prendere coscienza di tali fattori per favorire una riconciliazione con il nostro inconscio, con chi siamo. Così facendo, si favorisce quello che Jung chiama processo di individuazione. L’individuazione è un percorso di scoperta e di realizzazione di sé e dei propri bisogni.

In questo senso il percorso analitico diventa l’opportunità di esplorare le ragioni “dell’anima”, affinché le varie parti di sé, anche quando in conflitto o contrastanti, si integrino e ci si possa sentire più coerenti con sé stessi, più realizzati.

La terapia, o l’analisi, non è soltanto qualcosa che avviene tra psicoterapeuta e paziente, è, anche, un processo che si svolge in modo intermittente nella nostra individuale esplorazione dell’anima, negli sforzi per capire le nostre complessità, negli attacchi critici, nelle percezioni e negli incoraggiamenti che rivolgiamo a noi stessi. Nella misura in cui siamo impegnati a fare anima, siamo tutti, ininterrottamente, in terapia.”
J. Hillman

Al di là al mio lavoro da psicologa, sono una persona estremamente attratta da tutto ciò che riguarda l’espressione personale.

Esprimerci attraverso le Arti, ci permette di vederci e leggerci meglio; di mettere su tela, o in note o in spettacolo i nostri personaggi interni, animandoli e dandogli nuova vita.

Amo i viaggi, soprattutto verso mete esotiche. Il viaggio nel mondo esterno corrisponde, spesso, al grande viaggio che compiamo tra le nostre terre interne; verso il diverso, l’inesplorato. Attraverso il viaggio si scoprono grandi cose di sé e si mettono insieme tanti pezzettini della nostra realtà interna che a volte non sappiamo nemmeno di possedere.

Amo la natura e perdermi in essa. La natura ci offre la possibilità di lasciarci un po’ andare e ritrovare il contatto profondo con le nostre radici, con la terra e l’universo che nel corso della nostra vita, soprattutto se in città, abbiamo perso.

Amo dipingere e vedere cosa le mani creano col colore e coi pennelli. “A volte le mani dicono cose sulle quali la mente si affanna inutilmente” (Jung). Credo sia una modalità di espressione molto importante, ci aiuta a vederci, a raccontarci e a trasformarci quando le parole fanno fatica ad uscire. Oltre ad essere una passione che coltivo nel privato, la porto con me anche nel lavoro clinico.